Aure d’Oriente – Visioni di Shimane

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Chiara Bettaglio
Ama il Giappone in tutte le sue forme, quando non programma siti web, cucina, legge e cuce cosplay. Parla del Giappone anche mentre dorme.

Capita che quando sei appassionato di Giappone, e di cucina giapponese in particolare, tu possa partecipare ad eventi che ti lasciano un segno diverso da tutti gli altri. E’ raro ma succede.
E’ capitato lunedì scorso, quando Epson ha presentato presso il Museo della Scienza e della Tecnologia, già di per sè una cornice eccezionale, il nuovo calendario 2016.

Si intitola Aure d’Oriente – Diario di viaggio di un occidentale nello Shimane di fine millennioed è stato affidato alle cure di Francesco Radino, noto fotografo toscano con un profondo e delicato background legato al giappone.



Perchè il Giappone?
Per spolverare le radici di Epson, azienda nipponica che nel 2001 ha consolidato il legame con la fotografia attraverso la pubblicazione di questi calendari prodotti in edizione limitata e numerata, affidati a grandi nomi della fotografia e realizzati con le stampanti Epson a getto d’inchiostro e incollate, una a una, su ogni calendario.

Francesco Radino ci ha raccontato davanti a una tazza di the come nasce il suo rapporto col Giappone e come si è evoluto nel tempo, una storia di collaborazione e stima reciproca che dura dagli anni 70, che lo ha portato a lavorare per 30 anni con la stessa rivista.
Il suo punto di vista sul giappone rivela una profonda esperienza dei concetti di ospitalità (omotenashi) e rigore nipponico con un parallelismo imprescindibile tra i nostri due paesi; sperimentata dagli ospiti giapponesi in visita, l’accoglienza pugliese durante un viaggio di lavoro, si sono trovati di fronte il cuore dell’omotenashi italiano, declinato nei piaceri della buona tavola e nell’abbondanza, aneddoto raccontato condito con una certa ilarità.


Il calendario presenta una selezione di scatti catturati durante un viaggio nella Prefettura di Shimane (a nord di Hiroshima), per il quale il governo nipponico alla fine degli anni 90 incaricò 44 grandi fotografi di cogliere lo spirito di 44 province giapponesi.
Seguendo le tracce di Lafcadio Hearn, Radino ritrasse gli Yokai e Yūrei protagonisti di leggende giapponesi e storie di fantasmi, inquadrati negli elementi naturali di giardini, foreste e case tradizionali.

Le fotografie in bianco e nero sono unite dal concetto di “aura” di derivazione filosofica classica, per il quale ogni oggetto e luogo sprigionano una precisa identità univoca e straordinaria che viene catturata dallo scatto.
In aggiunta, in ogni foto (a esposizione prolungata) è presente in qualche modo l’autore, come in questo giardino zen dove si percepisce chiaramente il braccio con l’orologio, che cerca tramite questa presenza evanescente di suggerire la caducità della condizione umana rispetto agli elementi naturali, immortali, ritratti.

Radino sostiene di insegnare ai suoi alunni di cercare l’eccezionale in luoghi normali, comuni.
Questo mi ha indotto a porre una questione che spesso mi si presenta nei miei viaggi in sol levante: il Giappone è un paese che per come noi occidentali siamo abituati è straordinario ovunque si volti lo sguardo, perfino nella bellezza dei tombini. Come si può, se è possibile, selezionare il “superstraordinario” in mezzo allo straordinario?
La risposta è tanto profonda quanto delicata. Il nostro sentimento rispetto a una fotografia cambia da persona a persona. Per questo motivo Radino non mette didascalie, perchè “è quello che ci vedi tu” e non mette il luogo, perchè dov’è non ha importanza.
La percezione di uno scatto cambia non solo a livello personale ma anche nel tempo: quello che può essere uno scatto commovente oggi per me, può non suscitarmi le stesse emozioni tra qualche tempo.
Perchè? La fotografia è immutabile, siamo noi invece che cambiamo. 

Quest’ultima considerazione mi ha particolarmente colpito, in quanto la ritengo fondamentale ora più che mai per quanto mi riguarda. Il mio atteggiamento e le sensazioni che mi danno talune foto che ho scattato nel 2009 a Tokyo, ora hanno sfumature diverse.

L’amico Alberto Moro invece era presente per raccontare l’esperienza e l’impegno dell’associazione Giappone in Italia nello sfatare gli stereotipi sul paese nipponico che spesso vengono affrontati in maniera superficiale dalla stampa generalistica. Concetti come il samurai come guerriero mitico, le geishe come prostitute e il sushi come unico piatto di cucina giapponese non possono piu’ essere sostenuti nè tollerati, ma questo i miei 25 lettori manzoniani già lo sanno, vero? 🙂

Il modo in cui Radino interpreta il Giappone è per me nuovo e diverso da quello a cui sono abituata, come una nuova finestra, un nuovo punto di vista si apre davanti a me.

Potete scaricare il Calendario Epson 2016 in pdf a questo indirizzo, per godervi queste foto straordinarie.

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