Ricordi culinari

Sullo stesso argomento

Kuri Gohan – Riso Giapponese alle castagne

L'autunno ci porta il freschetto e le giornate limpide di sole, tazze di profumato tè e pomeriggi domenicali a leggere libri sotto la copertina...

Sweety of Milano 2016 – la più grande pasticceria del mondo!

A Milano, per due giorni, torna la più grande pasticceria del mondo. Da Nord a Sud i migliori pasticceri d'Italia con i loro prodotti e...

Brotgewürz – Pane aromatico tirolese al cumino, finocchio e coriandolo

Continua la contaminazione austriaca, d'altronde andare in vacanza serve anche a scoprire gusti nuovi e portare a casa ricordi e profumi.Succede che...

Estate: prosciutto e.. pesche

Fa caldo e io non lo sopporto. La mia reazione all'estate è smettere di cucinare e nutrirmi con cibo che non debba essere scaldato/cotto/arrostito o...
Chiara Bettaglio
Ama il Giappone in tutte le sue forme, quando non programma siti web, cucina, legge e cuce cosplay. Parla del Giappone anche mentre dorme.

Tra qualche minuto Sigrid, del Cavoletto di Bruxelles annuncera’ chi ha vinto i premi del concorso “La ricetta dell’infanzia”
Ho avuto molte riserve nel pubblicare questo racconto che e’ un pezzo di me, e che ero restia a condividere con tutto internet, e devo ammettere anche con la mia famiglia, che legge questo blog e che non avrei voluto coinvolgere in pezzi di storia cosi’ personali.
Ma tant’e’.

Questo e’ il racconto che le ho inviato per partecipare. Ho letto molti racconti simili al mio, che partecipano a questo concorso e ammiro il coraggio di mettersi in gioco e buttare letteralmente nel mucchio emozioni cosi’ intime, in piazza. Non posso essere da meno. Ve lo regalo, qualunque sia il verdetto del concorso, e’ un pezzo di me. 🙂


La mia famiglia: mia mamma, mio fratello e mia nonna materna. Mio papà ci ha lasciati quando avevo sei anni, per andare a vivere dall’altra parte del mondo con un’altra donna.
Non mi ricordo molto del periodo prima che se ne andasse ma ci sono dei flash, dei ricordi indelebili che mi sono rimasti impressi come se fossero appena successi, anche adesso che io ho la sua età quando se n’e’ andato.
Abitudini ereditate inconsciamente, cosi’ radicate, un po’ per nostalgia e un po’ perche’ non riesco a lasciarle andare, che mi sembra di tradirlo, se per qualche motivo non ripeto i gesti allo stesso modo. Come condire l’insalata partendo dal sale, poi l’aceto e solo dopo aggiungere l’olio, oppure il modo di svuotare il filtro della caffettiera dall’acqua in eccesso prima di aggiugere il caffè. Ma una cosa su di tutte e’ la mia ancora, il mio passaporta per un tempo dove la mia famiglia era diversa da come l’ho sempre conosciuta: il ricordo di una sera d’inverno, nel vecchio appartamento in via Marx.
E’ buio, sarà anche un’ora abbastanza tarda, almeno per quanto puo’ esserlo per una bambina di cinque anni. Non sono sveglia, ma non sto dormendo; mio fratello respira pianissimo nel lettino a fianco ed e’ la sola cosa che sento, ma ad un tratto un rumore familiare di passi e la porta a vetri fra la zona notte e il salotto che io e Luca usiamo sempre per giocare all’ascensore, scricchiola un po’. So chi e’, la mamma non fa tutto questo casino, non di notte. La mamma non scalpiccia a piedi nudi sul parquet, usa le ciabatte e soprattutto non gratta due unghie sulla porta della nostra cameretta come se fosse un segnale.
Io mi arrampico giu’ dal lettino e corro in pigiama fuori dalla stanza, a testa bassa verso la cucina. Sono accese solo le luci sottopensili, arrivo a malapena al bancone e mi arrampico sullo sgabello aiutandomi con tutti e due i piedi sui ripiani a vista delle pentole.
Nella penombra mio padre appoggia la forchetta sul tavolo, sospira e mi dice: “Guarda”. Io mi siedo composta in attesa di una qualche magia mentre lui prende dal ripiano in alto il pacchetto delle uova. Ne sguscia due dentro ad una ciotola insieme a un pizzico di sale e un po’ di formaggio grattuggiato. Sembra un prestigiatore, muove le mani con gesti ampi e teatrali e io batto le manine cicciottelle. “Shhht che svegliamo la mamma!” Io mi porto le mani sulla bocca e ridacchio divertita.
La luce del frigorifero inonda i miei occhi ancora sonnolenti quando lui prende l’incarto azzurro delle scaloppine. Mi piace andare con la mamma a fare la spesa, per la carne mi porta dal macellaio nella via vicino alla scuola. E’ un posto un po’ buio e all’entrata ha la tendina a fili di plastica che ti frusta quando entri dietro qualcuna’ltro e ti rimane tutta addosso se non riesci ad entrare per la ressa. Nonostante questo pero’ il signore alto con il grembiule immacolato e’ sempre gentile con me e mi regala un cicciolo ridendo.
La farina dal pacchetto piove sul tagliere con uno sbuffo di polvere bianca, mentre con perizia mio padre distende le fettine di vitello una ad una sul lato libero del legno. Manca solo il pangrattato che lui tira fuori dallo stipetto in alto. “Sei pronta?” Io afferro una fetta di carne e la agito verso di lui come una coperta al vento. Il mio intento e’ quello di appoggiarla distesa sulla farina, senza pieghe, ma non ci riesco, e lui ridendo la prende in consegna. “Impara bene questo adesso che e’ importante” Io guardo attenta le sue mani che passano dalla farina, schiacciando un po’ la fetta per farla aderire, alla terrina dell’uovo sbattuto, dove viene imbevuta velocemente come si fa quando si sciacquano i panni nel catino, velocemente e con vigore da tutti e due i lati. Adesso il pane grattuggiato, facendo attenzione che l’uovo non coli sul tavolo. Le fettine vengono impilate in un piatto man mano che passano dal tagliere al pan grattato osservo affascinata come è bravo il mio papà che non lascia nemmeno un pezzettino di carne scoperta dalla panatura.
Intanto accade un piccolo miracolo poco piu’ in là: i tocchetti di burro che erano in padella, gialli, solidi, freddissimi dal frigo, non ci sono piu’ e io che ogni volta cerco di capire come fanno a trasformarsi in quella roba liquida e schiumosa mentre io non guardo.
Le fettine scivolano in padella sfrigolando e io sono preoccupata più dell’odore che del rumore, che possa svegliare mia madre e farla precipitare qui per sgridarci. Il profumo si fa più intenso mentre con la forchetta papà gira una ad una le cotolette che cambiano colore come nel mio giochino con le padelle finte e la carne di plastica. Quando sono dorate, e anche un po’ troppo colorite negli angoli, vengono tirate fuori dal fuoco e messe ad asciugare sullo scottex coi fiorellini “Mi raccomando, scottex sotto e sopra, vedi com’e’ lucida?” Io assorbo in attesa di un domani tra vent’anni, di parti scambiate, di insegnarlo ai miei figli. Per ultimo, mio padre prende l’uovo rimasto e il pangrattato e forma una pastella che mette a friggere facendola colare dal piatto. “Questa e’ una minifrittella per una frittellina” Io lo so che e’ per me, è il mio premio per essere stata attenta e disciplinata. Nel buio della cucina papà mangia la sua cena, e mi dice tante cose che pero’ ora non ricordo più. Io lo guardo e le ombre lo fanno sembrare altissimo e magrissimo nonostante la sua stazza. Mia madre alla fine si e’ svegliata, entra in cucina accendendo i faretti che mi feriscono gli occhi e ci sorprende con un boccone di carne per aria. Come un video troncato la mia visione finisce qui, con la luce che oscura i contorni dei volti e della cucina. Non ricordo che successe dopo, se venimmo sgridati o se tornai a letto immediatamente. Sto ancora aspettandoli i miei figli, la vita non va sempre nel modo che vorresti, ma intanto serbo i gesti dentro di me come quella notte, ogni volta che preparo la cotoletta alla milanese.

5 commenti

  1. non so cosa possa servire, non è certo una consolazione… ma il tuo racconto mi ha fatto venire gli occhi lucidi… l’emozione non necessità di premi e classifiche!
    grazie a te, per avermela fatta leggere.
    ciao. cobrizoperla

  2. mia piccola amica Apest…un breve commento..mi hai dato un brivido e mi luccicano gli occhi…ho sempre saputo che oltre a cucinare benissimo sei anche una grande scrittrice di vita….e me lo hai confermato come sempre!
    grazie per averlo condiviso anche con me….
    sonia

  3. Ragazze non ho parole. Sapere che c’e’ qualcuno che mi apprezza anche se non mi conosce e’ un tesoro davvero grande.

    A maggior ragione sapere che c’e’ qualcuno che MI conosce che mi apprezza!!
    Dispiace So’, non riesco ad essere seria nemmeno con gli occhi lucidi per la commozione 🙂

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Altre idee

Un paio di pantaloni comodi per ogni stagione

Quando dovevo scegliere un tessuto per testare il nuovo cartamodello di Wardrobe by me erano i primi di settembre, faceva caldo e...

Cucire una giacca canvas per l’autunno

Da quando ho ripreso in mano la macchina da cucire sto cercando di cucirmi dei vestiti che mi facciano stare bene "nei...

Tappetino da taglio e rotella, cosa sono

Il tappetino da taglio e la rotella per tagliare stoffa e carta sono una "relativa" new entry nel mondo del cucito. Si...

Scegliere le forbici da sarta

Se dovessi avere soldi per comprare solo una cosa per il mio hobby, comprerei un buon paio di forbici da sarta. Non...

Riprendere a cucire, dopo una lunga pausa

Ero piena di bei progetti, fili, tessuti, cartamodelli. Ed entusiasmo, tanto entusiasmo. Compravo e progettavo, con chissà quali pretese, vestiti e oggettini,...

Altro che potrebbe interessarti